Le prese
Prima di praticare lo stile denominato di Iwama ho conosciuto e mi sono allenato con altre scuole, con altre metodologie. Una, tra le varie cose, che differenzia l'Iwama Ryu è la presa: uke non è agente passivo della pratica, non è una mera figura fiacca che mi fa un favore cadendo.
Il mio compagno di pratica che subisce la tecnica, uke appunto, ha una parte attiva ed importante; egli deve effettuare una presa, e / o un attacco, in maniera decisa e realistica. Le varie prese, katate dori, morote dori, ryote dori, ecc. non devono essere prive di energia e fatte tanto per fare. La presa deve essere solida ed attenta circa la propria postura; nell'effettuare la presa bisogna porre attenzione a non scoprire la propria guardia. Se io afferro una persona non lo faccio a gambe larghe stando di fronte col rischio di ricevere un calcio in zone… pericolosamente dolorose.
Se si afferra una persona lo si fa per bloccargli i movimenti, per controllare una parte del corpo ed impedirne contrattacchi, da qui nasce l'importanza di effettuare prese coscienziose. Ma quante scuole, quanti maestri si rendono conto di questa importanza? Spesso gli allievi mi chiedono il perché di una presa fatta in questo o quel modo , fino ad ora, sono sempre riuscito a dare una spiegazione logica, pratica e convincente perché qualcuno lo aveva spiegato a me e mi aveva fatto ragionare.
Quando un allievo mi blocca in maniera errata io lo correggo spiegando l'errore, non dico "si fa così perché lo dico io." L'aikido, come tutte le arti marziali, è retaggio di anni, di secoli di esperienza, non sono discipline inventate dall'oggi al domani ed anche se non si va in giro con una spada al fianco, non vuol dire che non possano avere un senso pratico ed efficace tutt'oggi. Mi sono trovato spesso di fronte a tori che mi dicevano " stringi troppo forte, così non riesco a fare la tecnica…" oppure subire una tecnica molto rilassata e poi vedere lo sguardo esterrefatto perché non ero caduto. Signori, se mi sbilanciate e mi buttate a terra, io cado, altrimenti perché mi ci dovrei buttare da solo? Se si tratta di arte marziale che sia efficace, se, altrimenti, volete soltanto cadere allora pratichiamo cadute libere e basta. Eppure spesso vediamo mirabolanti e spettacolari piroette che debbono la loro essenza alla bravura atletica degli uke: e basta !
Che sia ben chiaro: le cadute fatte nei film, durante le manifestazioni, sono fatte solamente per impressionare gli spettatori, ma non hanno una realtà pratica: prescindendo dal fatto che determinate tecniche sono impossibili o molto difficili da applicare per strada, la caduta spettacolare altro non è che uno spazio, una uscita che tori lascia e consente ad uke, in altro modo si avrebbe la chiusura rapida e senza uscita. Pensate solo per un attimo a kote gaeshi: pensate che la velocità di gambe possa permettere ad uke di raggiungere la torsione che viene effettuata sul polso? la rotazione di quest'ultimo è brevissima, il corpo di uke sbilanciato dovrebbe riequilibrarsi, accelerare e raggiungere la piccola rotazione della mano… nel frattempo tori ha letto il giornale e preso un cappuccino.
Scherzi a parte, i principianti, o comunque chi si vuole impegnare nello studio delle arti marziali deve ragionare sulle tecniche e discernere da spettacolo ed arte marziale. Allo stesso modo bisogna essere coscienti del fatto che le prese sono parte stessa dell'arte, non una questione esterna di semplice, passiva collaborazione. Tori ed uke praticano entrambi, e se l'uke non si applica correttamente, tori non potrà imparare.
Il mio compagno di pratica che subisce la tecnica, uke appunto, ha una parte attiva ed importante; egli deve effettuare una presa, e / o un attacco, in maniera decisa e realistica. Le varie prese, katate dori, morote dori, ryote dori, ecc. non devono essere prive di energia e fatte tanto per fare. La presa deve essere solida ed attenta circa la propria postura; nell'effettuare la presa bisogna porre attenzione a non scoprire la propria guardia. Se io afferro una persona non lo faccio a gambe larghe stando di fronte col rischio di ricevere un calcio in zone… pericolosamente dolorose.
Se si afferra una persona lo si fa per bloccargli i movimenti, per controllare una parte del corpo ed impedirne contrattacchi, da qui nasce l'importanza di effettuare prese coscienziose. Ma quante scuole, quanti maestri si rendono conto di questa importanza? Spesso gli allievi mi chiedono il perché di una presa fatta in questo o quel modo , fino ad ora, sono sempre riuscito a dare una spiegazione logica, pratica e convincente perché qualcuno lo aveva spiegato a me e mi aveva fatto ragionare.
Quando un allievo mi blocca in maniera errata io lo correggo spiegando l'errore, non dico "si fa così perché lo dico io." L'aikido, come tutte le arti marziali, è retaggio di anni, di secoli di esperienza, non sono discipline inventate dall'oggi al domani ed anche se non si va in giro con una spada al fianco, non vuol dire che non possano avere un senso pratico ed efficace tutt'oggi. Mi sono trovato spesso di fronte a tori che mi dicevano " stringi troppo forte, così non riesco a fare la tecnica…" oppure subire una tecnica molto rilassata e poi vedere lo sguardo esterrefatto perché non ero caduto. Signori, se mi sbilanciate e mi buttate a terra, io cado, altrimenti perché mi ci dovrei buttare da solo? Se si tratta di arte marziale che sia efficace, se, altrimenti, volete soltanto cadere allora pratichiamo cadute libere e basta. Eppure spesso vediamo mirabolanti e spettacolari piroette che debbono la loro essenza alla bravura atletica degli uke: e basta !
Che sia ben chiaro: le cadute fatte nei film, durante le manifestazioni, sono fatte solamente per impressionare gli spettatori, ma non hanno una realtà pratica: prescindendo dal fatto che determinate tecniche sono impossibili o molto difficili da applicare per strada, la caduta spettacolare altro non è che uno spazio, una uscita che tori lascia e consente ad uke, in altro modo si avrebbe la chiusura rapida e senza uscita. Pensate solo per un attimo a kote gaeshi: pensate che la velocità di gambe possa permettere ad uke di raggiungere la torsione che viene effettuata sul polso? la rotazione di quest'ultimo è brevissima, il corpo di uke sbilanciato dovrebbe riequilibrarsi, accelerare e raggiungere la piccola rotazione della mano… nel frattempo tori ha letto il giornale e preso un cappuccino.
Scherzi a parte, i principianti, o comunque chi si vuole impegnare nello studio delle arti marziali deve ragionare sulle tecniche e discernere da spettacolo ed arte marziale. Allo stesso modo bisogna essere coscienti del fatto che le prese sono parte stessa dell'arte, non una questione esterna di semplice, passiva collaborazione. Tori ed uke praticano entrambi, e se l'uke non si applica correttamente, tori non potrà imparare.
L'Hakama: questa sconosciuta
L'indumento tradizionale per la pratica dell'aikido è il keiko gi (keiko: allenamento - gi: indumento) più erroneamente conosciuto con il generico nome di kimono e, per i praticanti più esperti, per i gradi dan , l'hakama di colore nero.
Spesso si vedono praticanti indossare l'hakama in maniera scorretta. Tralasciando per il momento il valore simbolico e spirituale di questo indumento, è bene sapere che veniva indossato abitualmente non solo per motivi estetici e di "moda", ma anche per motivi pratici, quali, per l'uso marziale, nascondere all'avversario l'hanmi, la posizione di guardia.
Durante il mio soggiorno presso il dojo di Iwama, mi ricordo che il Maestro Saito riprese un allievo anziano perché l'hakama era al di sopra, e non di poco, della caviglia. La posizione dell'hakama non deve intralciare il normale incedere della persona, ma in caso di guardia e quindi flettendo le ginocchia ed abbassando il baricentro, questi ampi pantaloni devono nascondere agli occhi dell'avversario la propria postura.
Nel mio corso permetto agli allievi , una volta raggiunto il grado di 3° kyu (cintura verde) di indossare l'hakama, ma solo all'interno del nostro dojo e non durante gli stage. Questo perché comunque l'hakama non è facilissima da portare, le prime volte ci si sente impacciati ed appesantiti, ci si inciampa e non si vedono i propri piedi. Durante le mie spiegazioni la sollevo spesso, o addirittura faccio dei risvolti, affinché la posizione hanmi sia visibile, ma mi arrabbio molto se un mio allievo porta l'hakama, alta, con il bianco del keiko gi che spunta ed i piedi sono in piena vista.
Gli altri utilizzi più o meno pratici di questo indumento sono la capacità di tenere il keiko gi in ordine e, se il nodo è effettuato correttamente, la capacità di migliorare la respirazione e la sensibilizzazione del centro, del ki. Il nodo infatti viene eseguito due dita sotto l'ombelico, proprio dove si trova l'hara, il centro dove convergono le energie del ki. Oltre ad essere una meta da perseguire, un traguardo da raggiungere, l'hakama prevede che l'allievo abbia una padronanza della propria postura, non dovrà più guardare la propria posizione, ma oramai, dovrà sentirla, e la cosa non è così facile come sembra.
E' poi importante mettere attenzione quando si ripone, terminato l'allenamento, poiché le pieghe rendono il compito arduo, ma è anche vero che spendere qualche minuto in più per una attenta piegatura, consente all'hakama di rimanere come "stirata" ed in ordine per le successive lezioni. In commercio ve ne sono di diversi tipi e prezzi…. Ma non è mio intendimento influenzare il praticante, ricordate solo di prenderla di colore nero, perché quella blu viene usata nel kendo ed in altre discipline; io ne ho viste di diversi colori, addirittura una viola…. Ma la colpa è stata della madre del praticante che ha usato un qualche detersivo piuttosto particolare.
Passiamo adesso alle implicazioni filosofiche di questo indumento: l'hakama ha sul davanti cinque pieghe e due sul retro, per un totale di sette. Ogni piega ha un suo significato, venendo a rappresentare le sette virtù dei praticanti di arti marziali. Il ricordarle, almeno ogni tanto, aiuterà i praticanti anziani a non sentirsi più importanti solamente per una questione di indumento:
Jin: benevolenza
Rei: etichetta e gentilezza
Gi: giustizia
Chi: saggezza
Shin: sincerità
Koh: pietà
Chu: lealtà
Prima della pratica, durante la posizione seiza in attesa del saluto, rilassate il corpo, concentrate la mente e magari pensate a queste virtù e forse praticherete in maniera più fluida e tranquilla, non per magia , ma per rilassatezza e pacatezza.
Spesso si vedono praticanti indossare l'hakama in maniera scorretta. Tralasciando per il momento il valore simbolico e spirituale di questo indumento, è bene sapere che veniva indossato abitualmente non solo per motivi estetici e di "moda", ma anche per motivi pratici, quali, per l'uso marziale, nascondere all'avversario l'hanmi, la posizione di guardia.
Durante il mio soggiorno presso il dojo di Iwama, mi ricordo che il Maestro Saito riprese un allievo anziano perché l'hakama era al di sopra, e non di poco, della caviglia. La posizione dell'hakama non deve intralciare il normale incedere della persona, ma in caso di guardia e quindi flettendo le ginocchia ed abbassando il baricentro, questi ampi pantaloni devono nascondere agli occhi dell'avversario la propria postura.
Nel mio corso permetto agli allievi , una volta raggiunto il grado di 3° kyu (cintura verde) di indossare l'hakama, ma solo all'interno del nostro dojo e non durante gli stage. Questo perché comunque l'hakama non è facilissima da portare, le prime volte ci si sente impacciati ed appesantiti, ci si inciampa e non si vedono i propri piedi. Durante le mie spiegazioni la sollevo spesso, o addirittura faccio dei risvolti, affinché la posizione hanmi sia visibile, ma mi arrabbio molto se un mio allievo porta l'hakama, alta, con il bianco del keiko gi che spunta ed i piedi sono in piena vista.
Gli altri utilizzi più o meno pratici di questo indumento sono la capacità di tenere il keiko gi in ordine e, se il nodo è effettuato correttamente, la capacità di migliorare la respirazione e la sensibilizzazione del centro, del ki. Il nodo infatti viene eseguito due dita sotto l'ombelico, proprio dove si trova l'hara, il centro dove convergono le energie del ki. Oltre ad essere una meta da perseguire, un traguardo da raggiungere, l'hakama prevede che l'allievo abbia una padronanza della propria postura, non dovrà più guardare la propria posizione, ma oramai, dovrà sentirla, e la cosa non è così facile come sembra.
E' poi importante mettere attenzione quando si ripone, terminato l'allenamento, poiché le pieghe rendono il compito arduo, ma è anche vero che spendere qualche minuto in più per una attenta piegatura, consente all'hakama di rimanere come "stirata" ed in ordine per le successive lezioni. In commercio ve ne sono di diversi tipi e prezzi…. Ma non è mio intendimento influenzare il praticante, ricordate solo di prenderla di colore nero, perché quella blu viene usata nel kendo ed in altre discipline; io ne ho viste di diversi colori, addirittura una viola…. Ma la colpa è stata della madre del praticante che ha usato un qualche detersivo piuttosto particolare.
Passiamo adesso alle implicazioni filosofiche di questo indumento: l'hakama ha sul davanti cinque pieghe e due sul retro, per un totale di sette. Ogni piega ha un suo significato, venendo a rappresentare le sette virtù dei praticanti di arti marziali. Il ricordarle, almeno ogni tanto, aiuterà i praticanti anziani a non sentirsi più importanti solamente per una questione di indumento:
Jin: benevolenza
Rei: etichetta e gentilezza
Gi: giustizia
Chi: saggezza
Shin: sincerità
Koh: pietà
Chu: lealtà
Prima della pratica, durante la posizione seiza in attesa del saluto, rilassate il corpo, concentrate la mente e magari pensate a queste virtù e forse praticherete in maniera più fluida e tranquilla, non per magia , ma per rilassatezza e pacatezza.